TSUNAMI 26 DICEMBRE 2004 TRINCOMALEE E KINNIYA
Sri Lanka è il nome di un’isola magica, che, a prescindere ed a dispetto della recente tragedia per la quale poi siamo noi qui, evoca immagini di elefanti, giungla, sorrisi, risaie, templi, thè, cannella, luce abbagliante,essenze rare,tepore della pioggia sulla pelle: mito o realtà? Vedremo alla fine della permanenza . È l’antica Ceylon degli Inglesi, che dal ’72 ha ripreso il nome antico di Lanka, “l’isola splendente” preceduto da una lettera considerata sacra Sry.
Domenica 20 febbario 2005
Partenza alle sei sotto un freddo nevischio al buio, ma illuminati dai pochi riflettori dell’aeroporto, dalla presenza di Fanny fotografa per ordine di Franco e dalla certezza di un dovere civico esaudito, ma preoccupati dalle prossime lunghe ore di aereo, ma soprattutto dall’abbandono di colei che ha sempre illuminato il mio cammino. Beh, pazienza e… avanti!
In pulmino fino a Linate: operazioni di pre-volo effettuate, alle 9 partenza per Roma Fiumicino: all’arrivo altre o
perazioni pre-volo, e quindi imbarco alle ore 14 per Kuwait city: quattro ore di volo con un improvviso passaggio dal giorno alla notte alle 16,40, una volta superato il primo fusi orario che ci ha portato ad un improvviso invecchiamento di due ore: cielo scuro, torbido, fumoso, nebbioso, freddo, un filo di tramonto rosso lontano ad ovest e la certezza ormai certa di aver definitivamente, per i prossimi 21 giorni, abbandonato la nostra culla: l’Occidente.
Ma ormai siamo già in mezzo ad una moltitudine di esseri magri e neri, tutti strani che parlano una lingua assurda perché strana ed incomprensibile: al mio fianco una signora con bambino, 7/8 mesi, in braccio, che, dopo un lungo periodo di tranquillità, urla come un pazzo perché vuole la tetta che gli vien concessa: l’ultima ora di viaggio tutto un armeggiare di maglie e reggitette che vanno su e giù con tetta offerta a tutto spiano, ma con pochi risultati: infatti il problema non è la sindrome carenziale da latte, ma il mal di timpani che il pupo prova dopo essere stato quasi quattro ore in situazione pressurizzata.
Ore 19,30, ora locale, atterraggio a Kuwait: fuochi “fatui”, i pozzi di petrolio, sparsi dappertutto, grande chiarezza di luci, che caratterizza la città, nell’oscura notte, dando una sensazione non solo di spreco energetico, ma anche di ricchezza e benessere, molto probabilmente dei soliti ricchi.
Ore 21 e rotti partenza per Colombo, capitale dello Sri Lanka con il superamento del secondo fuso orario, per cui arrivo colà alle 5 di mattina del Lunedì 21/02.
Paesaggio e situazione caotica: siamo praticamente a Napoli, nonostante le lunghe ore di aereo, ma con enormi palmizi ed una situazione di verde tropicale e di colori di piante e fiori entusiasmanti nonostante si stia in un aeroporto in mezzo alla città, con traffico paradossale, una sensazione di super smog che attanaglia naso e polmoni: recupero di un sesto aeroporto per il trasferimento nel Distretto di Trincomalee, raggiunto il quale, dopo un’ora di volo, con due rumorosissimi Canadair della Protezione Civile Italia, ci rimettiamo in viaggio per circa un’ora con un pullmann su strade super accidentate, per raggiungere l’Ospedale da Campo dell’ANA Bergamo, posizionato su una penisola, per raggiungere la quale necessita di stranissimo “ferry-boat” piattaforma con a babordo, non a poppa, un motore fuori bordo da 40 CV, che spinge questo strano coso con su due o tre auto massimo ed un certo numero di persone.
Ore 14 ca. entrata trionfale in Ospedale tra baci ed abbracci, primo perché ci sono i nuovi che lasciano liberi i vecchi, secondo perché molti di noi si rincontrano dopo le precedenti “mission” attuate in Armenia, Albania, Umbria ed oggi nel Sud-Est Asiatico. Totale ore viaggio: 32.
Questa è tra le zone più colpite dell’isola: si notano e si vedono i residui idrici lasciati dallo Tsunami, quando l’onda si è ritirata verso il mare: la situazione economico sociale appare molto arretrata e quindi quanto accaduto aggrava ulteriormente le condizioni generali di povertà e di vita: negli uomini, nelle donne, nei bambini apparentemente non sembrano esservi, a distanza di quasi due mesi dal fatto, sentimenti di paura o terrore: appaiono, in generale, come persone miti, filosofe: è come se avessero imparato sulla propria pelle la precarietà della vita: si ha un po’ l’impressione che il concetto filosofico di fondo sia quello per il quale, quanto il destino propone, sia nel bene che nel male, lo si debba accettare e che il fatto di accettare derivi da una profonda elaborazione, direi inconscia, il cui punto di partenza è comunque la certezza e l’abitudine di convivere con questo sentimento di precarietà, che nasce dalla povertà e che viene molto prima di uno Tsunami.
Alle 17 si riprende il viaggio per raggiungere, in pullmann, l’albergo di riferimento a Trincomalee: finalmente doccia, piccolo break di riposo serotino e quindi cena e poi di corsa a dormire dopo ca. 40 ore di non-sonno.
Martedì 22 febbario 2005
Sveglia alle sette: necessario il cambio della guardia in Ospedale con le relative consegne da parte dei colleghi dimissionari per ciascuna specialità e quindi inizio e primo impatto con i numerosi bambini, almeno per me, Pediatra Alpino in riva al mare, accompagnati dalle madri o padri, nei cui occhi leggi la speranza in quel qualcosa di nuovo che loro credono di vedere in noi, che, con l’interesse che abbiamo loro dimostrato arrivando fin qui, possiamo rappresentare una nuova occasione di recupero sia per le persone, sia per le cose, sia per il momento sociale e sia per superare il terrore sofferto nel verificarsi dell’evento: siamo per loro un nuovo pezzo di mondo che si unisce al loro dramma per tentare di risolverlo in tutti i suoi aspetti.
Il caldo è presente (33° all’ombra), ma soprattutto è umido: si lavora forte fino alle 17, quando si chiudono gli ambulatori, nel rispetto degli orari degli addetti locali (farmacia, medici, con i quali collaboriamo, perché non siamo venuti qui per sostituirci a loro in modo arrogante e quindi negativo, ma per superare insieme un momento assai critico per la salute nell’area soprattutto materno infantile).
Alle 18 si inforca il solito pulmino e nel giro di un’ora si ritorna alla base lasciando in Ospedale la guardia medica e due Logisti, che sono per lo più Alpini addetti alla manutenzione o alla soluzione di problemi tecnici improvvisi.
Mercoledì 23 febbario 2005
Oggi è una festa religiosa mussulmana, per cui si lavora mezza giornata: a proposito di feste, a Sri Lanka sono in atto quattro diverse religioni: Maomettana, Buddista, Induista e Cristiana, per cui per osservare tutte le feste di competenza, senza fare ingiustizie, va a finire, si mormora, che sui 365 giorni di un anno, se ne lavorano 189.
A prescindere da tutto ciò, posso dire che si incomincia ad entrare discretamente nella mentalità di questa gente, che, anche se di colore diverso e nella diversità in generale, ricorda molto la nostra mentalità: anzi rispetto a noi direi che sono in media più miti e rispettosi (non in automobile) l’uno dell’altro, fatte salve le solite eccezioni come dappertutto: questo non comporta che non ci sia la guerra tra i Tamil ed il resto del paese con qualche scontro e qualche morto, come è successo recentemente e con visibile spiegamento di forze militari da parte del Governo.
E con questo buona notte a tutti, me ne vado a letto.
Giovedì 24 febbario 2005
Nottata di tregenda: fatica ad addormentarmi e compagno di camera trombone che ronca come una sega da 1000 Watt: se fischio smette per ricominciare dopo un po’, se fischio troppo forte per significare la mia incazzatura, si sveglia e si incazza pure lui, ma abbozza quando gli spiego il perché del tutto. La tregenda si riflette poi sul lavoro (ho visto 32 bambini): vedere vuol dire parlare con le mamme attraverso un interprete mussulmano al quale devo rivolgermi in inglese per avere notizie sul malato: lui ribalta le domande ai parenti, i quali rispondono nella loro lingua e lui mi ribalta in un inglese un po’ storpio, le loro risposte: quindi procedo nelle mie solite ed accurate visite sui bambini che raramente piangono e ribalto in inglese al traduttore i risultati delle stesse da trasmettere ai genitori: poi c’è il momento della eventuale terapia, sempre da spiegare prima al traduttore che poi la spiega agli interessati.
A proposito del traduttore mussulmano, una piccola parentesi sulle etnie presenti in quest’isola di 65.607 kmq. Con 19.400.000 ab., che sono: cingalesi buddisti 69% i Tamil induisti 15% i mussulmani 8% che seguono le regole del corano ed i cristiani 7%. Nel 1972 viene proclamata la Repubblica con il nuovo nome Sri Lanka, voluto, come scelta unilaterale, dai Cingalesi buddisti: ciò provoca il compattamento di tutti i partiti Tamil che reclamano uno stato indipendente nel nord dell’isola: col nuovo governo non ottengono nulla e quindi, nel 1981 nascono le “Tigri” Tamil che vogliono raggiungere l’obiettivo di separare le varie comunità. Dall’83 al 2001 le Tigri si scatenano nella battaglia finalizzata a raggiungere i soliti obiettivi di autonomia, ma con fasi alterne, attraverso attentati messi a segno da kamikaze sempre pronti a morire ed a far morire in nome della propria indipendenza,fino a che, il 23 febbraio 2002 governo e Tamil firmano il cessate il fuoco con il riconoscimento del movimento detto LTTE (Liberation Tigers of Tamil Eelam), ma scontentando una parte del clero buddista e dei nazionalisti Cingalesi.
Qualche mese dopo, grazie all’intervento dei Norvegesi, si arriva all’accettazione da parte del governo e del LTTE di lavorare per una soluzione fondata sul principio di autodeterminazione nelle zone storicamente abitate dai Tamil , nel quadro di una struttura federale di uno Sri Lanka unito.
Tuttavia le cose non procedono come previsto: nascono infatti nuovi e difficili contrasti con abbandono del tavolo delle trattative da parte dei soliti “casinisti” Tamil, che, però, nel maggio 2003 ritornano alle trattative convinti dai Giapponesi con l’obiettivo di elaborare con i Cingalesi un piano di pace che preveda un’amministrazione regionale ad interim: zone settentrionali e orientali a maggioranza Tamil e tutt’ora è in corso la discussione sulla autonomia amministrativa richiesta fin da sempre dai Tamil.
Breve storia che serve a capire come dietro i sorrisi e la disponibilità esiste comunque una parte di popolo determinato a raggiungere i propri obiettivi: e noi siamo proprio in mezzo a questa parte di popolo con il nostro ospedale posizionato nella regione di Trincomalee, nell’ambito della città di Kynnia, nord-est di Sri Lanka.
Venerdì 25 febbario 2005
Nottata migliore della precedente: risveglio più da riposato: lavoro abbondante con casi anche abbastanza seri con relativi ricoveri: facciamo, in definitiva, quello che ha sempre fatto il vecchio ospedale di Kynnia, prima che fosse distrutto dallo Tsunami e quindi collaborando con i medici di qui, che lavorano anch’essi nel nostro ospedale.
Il nostro gruppo: 20 persone tra medici, laboratorista,infermieri e logistici (quelli che si occupano della manutenzione, riparano i guasti ecc.), che provengono soprattutto da Bergamo, ma anche da altre contrade (Savona, Lecco, Aosta, Trieste, Terni) e con i quali si sta creando un notevole affiatamento sia sul lavoro, sia nel poco tempo libero che rimane (l’intervallo tra le dodici e le due) ed il momento della cena: siamo gente che si ritrova dopo altre esperienze, sempre nel Gruppo Medico-Chirurgico dell’Ospedale da Campo dell’Ana di Bergamo, e quindi già in buona sintonia lavorativa: è bello perché ciascuno, nel proprio diverso ruolo, collabora, in piena parità di diritti e di doveri e di differenti responsabilità, ad un unico obbiettivo: esprimere, ciascuno nella propria professionalità, una sinergia lavorativa che ci permetta di realizzare quel dovere civico di aiuto e di sostegno di qualsiasi genere a chi è colpito dalle avversità ed in termini di globalità, visto da quanto lontano siamo giunti per realizzare degli obbiettivi civici, che non possono che avere le caratteristiche della globalità.
Oggi è luna piena e da queste parti la luna piena merita una propria festa, che si verifica tutti i mesi.
Sabato 26 febbario 2005
Il sabato è giorno di mezza festa: si lavora mezza giornata: i soliti 20 bambini da visitare: raramente si trova qualcosa di importante, ma io sono arrivato alla conclusione che gli adulti sentano un bisogno enorme di vedere le nostre facce chiedendoci, attraverso l’occasione di una visita medica, un aiuto “psicologico”, che dia loro una mano ad elaborare il lutto profondo che sentono dentro di sé per la perdita di parenti e cose, non solo, ma anche per il passato e sofferto terrore vissuto nel corso dell’evento.
Nel pomeriggio di libertà abbiamo visitato con una infermiera indigena, vissuta per due anni in Italia e quindi padrona della nostra lingua, la città di Trincomalee, che, molto in sintesi, è un agglomerato di case e casine ammassate una sull’altra con fognatura a cielo aperto, che scarica il liquame sulla spiaggia e quindi nel mare: disordine, puzze infinite di ogni tipo, polvere, tuguri assurdi, labirinti tra casupole: il tutto abitato da gente che ti guarda passare e sorride: non sembra soffrire dell’indigenza, sembra vivere come in una realtà ultraterrena, credendo nella quale ed aspettando la quale, si mettono nelle condizioni di superare le difficoltà, che per noi sono di una assurdità assurda.
Hanno visitato, i miei compagni, un Tempio Indù: io mi sono rifiutato perché avrei dovuto fare a piedi scalzi un centinaio di metri per arrivare al tempio: l’ho considerato una ritualizzazione assurda ed antiigienica, esattamente come tutte le ritualizzazioni di tutte le chiese del mondo: semplicemente perché trovo che la ritualizzazione è un modo per allontanare la gente dalla vera riflessione della vita e del vivere, quindi, secondo le regole proposte dalle varie religioni, ma da nessuno o da pochi seguite, in primis, spesso, neanche da coloro che la predicano.
Alla sera invito presso la nave “ospedale” greca al quale mi è toccato partecipare come rappresentante di maggior grado degli Alpini e rappresentante dell’Ospedale da Campo, insieme ad altri cinque compagni di lavoro: nonostante le aspettative un po’ tragiche, la cosa è andata bene e ci siamo anche divertiti: fatte le ore piccole, ma tant’è……… . Erano presenti varie associazioni di volontariato di tutto il mondo presenti in questa zona: abbiamo potuto constatare, parlando un po’ con gli uni ed un po’ con gli altri, che il nostro ospedale è la meglio soluzione che esista sulla faccia della terra, sia sotto il profilo della funzionalità, che della professionalità con la quale ci è possibile lavorare, visti i mezzi a disposizione e viste le persone che aderiscono a questa iniziativa e con le quali si procede nel lavoro.
Domenica 27 febbario 2005
Risveglio difficile, viste le ore piccole del ritiro in branda. Tuttavia lavoro tanto, anche se solo mezza giornata: attualmente, sono le sette di sera, sono di guardia in ospedale con un infermiere ed un logista: si prevede la nascita di una 35° W di gestazione.
Oggi sono andato a vedere l’Ospedale distrutto dallo Tsunami: fa molta impressione!!!!
L’impressione è tanta: davanti alla catastrofe, tetti divelti, pareti polverizzate, documenti, cartelle cliniche sparse, ma appiccicate insieme dall’acqua formando un pacco di fogli, i 60 degenti morti con il loro medico di guardia, le fiale di farmaci rotte e no, ma sparse come le pastiglie che ricoprono i pavimenti, i letti ribaltati, i pochi apparecchi diagnostici distrutti, i lettini della pediatria e del nido della ostetricia a loro volta ribaltati e spinti tutti in un angolo: il silenzio, rotto solo dalla risacca del mare che è a due passi dall’ospedale: davanti a tutto ciò il pensiero con la fantasia, che vede al di là dell’evidenza, ti fa essere impietrito, perché nel tuo dentro ciò che vedi ti costringe a vivere il panico, il terrore, l’impotenza di fronte alla violenza della natura che all’improvviso ti assale, ti distrugge, ti annienta e con te tutta la realtà che circonda l’ospedale e quindi altri uomini, donne e bambini (600) con le loro capanne: sì, capanne, perché in questa zona di Sri Lanka le case sono capanne, per lo più con tetto di paglia e costruite nella foresta in piccoli quadrati di terra. Molto è stato distrutto o rovinato, ma dopo neanche due mesi dalla tragedia, si vedono i cittadini di Kinnya tutti intenti alle loro solite povere attività, con grossi fardelli sulle spalle, che sono i propri bambini scomparsi, le proprie mogli, i propri mariti e papà e mamme, ma con la costrizione a non mollare, perché, nonostante tutto, la vita, nel bene o nel male, ti costringe a reagire e continuare nelle tue occupazioni, anche per sopravvivere .
Lunedì 28 febbario 2005
La notte in ospedale è stata tranquilla, in compagnia dei “rumori” della foresta attigua: foresta di banani, palmizi di vario tipo e di dimensioni enormi e quindi lo stormire degli alberi i richiami dei vari animali notturni, la risacca del mare: il tutto sotto una luna quasi piena (in fase calante) e che sembra molto più vicina che dalle nostre parti, di una lucentezza ed un chiarore enorme.
Oggi il lavoro è di nuovo tanto: incomincio a vedere bambini che sono stati “toccati” ed hanno subito lo Tsunami: hanno ancora un’espressione di terrore, che si aggiunge a quello che in loro provoca il medico (sono io) che li deve visitare: i sintomi sono tutti da somatizzazione del terrore e vanno dal prurito senza segni dermatologici in atto, notevoli disturbi del sonno, dell’alimentazione, ma soprattutto occhi che parlano di panico, incertezza, voglia di regredire nel nulla per non dover ricordare nulla: tuttavia, a tratti, anche un rapido e triste sorriso in risposta a rassicurazioni che l’adulto che li accompagna, o il medico stesso, pronunciano.
Martedì 1 marzo 2005
Si lavora sempre: la media del numero delle visite è sui 30/40 bambini: le patologie sono diversificate, ma le più frequenti sono la scabbia e la broncopolmonite: però guariscono e quindi tutto va bene.
I miei aiutanti di campo, l’infermiera triestina del Burlo, i due traduttori sono sempre pronti e svelti, ma adesso,almeno per me, vista l’età, incomincia a diventare un po’ dura: caldo a 40° gradi, un bambino dopo l’altro, difficoltà di comprensione: tuttavia tutto ok!
Mercoledì 2 marzo 2005
Oggi abbiamo visto un ragazzino di 13 anni, che, tutto solo, viene alla nostra visita perché nel corso della notte casca dal letto a castello e si ritrova con un bozzolo sulla fronte: fatti tutti gli accertamenti del caso, visto che non vi era nulla di preoccupante, gli chiedo come mai fosse lì tutto solo: con tre, dico tre lacrime, ci racconta di aver perso la mamma ed il papà due anni prima e che attualmente vive nell’orfanotrofio di Kynnya: ha un aspetto molto triste, direi disperarto, è molto pulito nella persona ed ordinato nel vestire, molto riservato, attento a quello che avviene intorno a lui: a noi tutti, medico, ginecologa , che era lì per caso, infermiera ed interprete viene un grosso magone, ma facciam finta di niente e con molta commozione lo congediamo, ma io e tutti lo vogliamo rivedere venerdì per un nuovo controllo, ufficialmente, ma di fatto perché non volevamo chiudere definitivamente il nostro contatto con lui.
Giovedì 3 marzo 2005
Dormito bene, buon risveglio con tre scimmie sul terrazzo: di fatto sono bertucce che ne fanno di tutti i colori: pare che una volta una di queste sia entrata in una stanza dell’albergo, si sia vista allo specchio, si sia spaventata al punto da mettere urlando a soqquadro tutta la stanza con ottime capacità distruttive.
Lavoro sempre intenso: tuttavia mi sembra che l’emergenza vera e propria sia in via di esaurimento: rimangono sì i segni della tragedia sulle cose, ma soprattutto i segni del terrore in chi è sopravissuto, ma è già evidente il lavoro di ricostruzione, soprattutto nelle città e nei pressi delle stesse.
Nell’ospedale da campo, ormai, medici locali e pazienti si sono acclimatati ed hanno quindi ripreso il ritmo e le modalità di lavoro che avevano nel vecchio ospedale distrutto: e di fatto il nostro ospedale supplisce in modo corretto e completo quello ormai distrutto.
Modalità che consistono in lunghe code per i pazienti che vogliono una visita ambulatoriale, alle quali i medici locali e noi, ciascuno secondo la propria specialità, provvediamo aiutati di nostri e dalle nostre infermiere.
La notevole differenza col vecchio nosocomio sta nel fatto che noi abbiamo portato le nostre varie specialità e soprattutto , modestamente, la mia di pediatra, perché una vera pediatria qui non esiste ( i medici generici fanno anche i pediatri e quindi ben venga che io sia qui, anche perché la mia specialità è di altissima richiesta), come non esistono in loco gli specialisti nelle altre e varie discipline mediche. Lo stato comatoso della medicina ospedaliera è stato toccato con mano dai miei colleghi ieri quando sono andati a visitare l’ospedale civile di Trincomalee (350.000 abitanti) e sono rimasti allibiti per quanto visto, sia nel reparto di medicina, che quello di chirurgia e via dicendo: sporcizia assoluta, igiene assente: l’equivalente del lazzaretto: in netto contrasto con la buona impressione che ho avuto, vedendo lavorare e parlando con i colleghi che lavorano con noi, sulla medicina del territorio.
Oggi pomeriggio abbiamo dovuto anticipare di mezz’ora il rientro in albergo a Trincomalee perché i Tamil ed i Cingalesi avevano deciso di mettersi l’un contro l’altro armati perché il Governo, nella assegnazione delle case popolari a chi l’aveva persa in occasione dello Tsunami, aveva commesso, secondo i Tamil, che in questa zona sono in notevole maggioranza rispetto ai Cingalesi, delle grosse ingiustizie: quindi, un piccolo zic di preoccupazione di trovare posti di blocco o della polizia o dei guerreggianti: in effetti un tentativo di blocco c’è stato da parte degli insorti (copertoni incendiati attraverso i tre quarti della larghezza della strada), ma è anche stato superato con tutta tranquillità, grazie all’ultimo quarto lasciato libero per far passare le auto.
Venerdì 4 marzo 2005
Oggi la temperatura è salita a quasi 50° gradi con una umidità del 98%: aria calda, appiccicosa, sudore da fermi, difficoltà, ma egregiamente superata, ad intraprendere le visite, ad affrontare le urla dei pupi, ad ascoltare le traduzioni dei miei traduttori, positive sì, ma che allungano i tempi di lavoro.
È tornato al controllo anche il ragazzino di 13 anni visto mercoledì per trauma cranico: sta ovviamente bene, allegro, contento e noi contenti di rivederlo e lui di rivederci, sempre ordinato e pulito: cosa assai rara in queste zone.
Stiamo pensando di fare qualcosa, più che per i ragazzi direttamente, per l’orfanotrofio stesso che dalle informazioni prese, sembra essere diretto da un personaggio di valore: tant’è che i ragazzi (21) stanno bene, sono contenti, possono, se capaci, proseguire negli studi e di fatto sembrano essere seguiti: un intervento sull’orfanotrofio che pare sia in grosse ristrettezze economiche e sia poco valorizzato dalla politica locale, mediante rette pagate come se fosse un’adozione a distanza, oppure concorrere direttamente nelle spese di manutenzione o ampliamento della struttura.
I problemi sono: la lontananza, i rischi che vi possono essere elargendo somme che potrebbero essere utilizzate per tutto tranne che per gli obiettivi previsti da noi, la mancanza di un punto di riferimento sicuro e certo che facesse da tramite tra noi e la struttura stessa che avesse anche e soprattutto funzioni di vigilanza stretta, sotto il profilo progettuale ed economico.
Dopo cena avrò un colloquio con la ginecologa e la mia infermiera per riflettere su tutto ciò.
Sabato 5 marzo 2005
Oggi mi sono svegliato bene, anche se stracco: fa un caldo con una umidità fuori dalle regole di Dio: in questa situazione climatica mi sento un po’ sperso e come me anche gli altri compagni d’avventura: tuttavia, avanti, serrati e coperti! (reminiscenze di naja!).
In mattinata sono arrivati i ministri o mezzi ministri srilankesi con un rappresentante del governo italiano a posare la prima pietra del futuro ospedale di Kinnya: c’è poi stata l’invasione del nostro ospedale tra ministri o quasi ed i soliti tirapiedi nostri e loro (tutto il mondo è paese), che si sono buttati sulla sussistenza intesa come vivande, intralciando il nostro giusto pasto senza nessun riguardo per il nostro pasto di lavoratori della medicina.
Attualmente, sono le 17,30, ora locale, le 12,30, ora italica, sono di guardia e dovrò stare qui fino a domani alle due: è nato un bambino immaturo, ma sono stato chiamato parecchio dopo l’evento: bambino non bello perché asfittico e in mano a due ostetriche del posto, che cercavano di rianimarlo senza rendersi conto che non avevano nemmeno aperto la bombola dell’ossigeno: l’ho rianimato e speriamo che tutto vada bene, anche perché nel frattempo è arrivato il medico titolare della guardia, a cui ho lasciato volentieri lo spazio: situazione difficile per un neonatologo, che, chiamato a danno avvenuto, si è trovato in una situazione senza mezzi e con gente dalla lingua impossibile, con nessuna possibilità quindi di comunicare ed intervenire adeguatamente.
Ritornando al discorso orfanotrofio, ieri dopo cena ci siamo persi in discorsi poco produttivi, stamani tra il lavoro e le varie sciocchezze messe in atto dalla Prot. Civile, non c’è stato modo di confabulare: ho chiamato in compenso il Pastore Ricciardi a Bergamo, per vedere se esiste una comunità protestante qui in zona alla quale affidare la parte di tramite con le autorità e con il direttore per il progetto sopra accennato.
Per oggi basta così: vado in paese a spedire questa E-Mail: ciao a tutti!.
Ho cantato vittoria troppo presto: gli operatori di oggi erano degli emeriti imbranati e non sono riusciti nel mio, di intento! e cioè di spedire la mia E-Mail: rimando tutto a domani mattina.
Nel frattempo, mentre ero nel buco a far lavorare gli operatori, ho assistito ad uno scroscio bellissimo di pioggia, improvviso, ricco d’acqua, caldo d’acqua che in pochi secondi ha riempito tutte le buche sulla strada ed il truck-truck che mi aspettava per ritornare alla base. Roba da Equatore: troppo bella: ma poi che umido caldo! Roba da fiore di serra o da palma da dattero lussureggiante o lussurioso, vista la ormai prolungata astinenza!
Comunque adesso sono le 22,30: ho ben cenato con i miei Alpini grandi cuochi: si beve la mai abbastanza apprezzata acqua e poi ci si sprofonda nei ricordi della naja vagando da Merano a Malles a Udine, a seconda dei Reggimenti di appartenenza riportando alla memoria i vari Superiori più o meno apprezzati, ma a distanza di tempo con nostalgia ricordati.
Adesso sono pronto per dormire: ciao a domani!
Domenica 6 marzo 2005
Notte un po’ sofferta: caldo, sveglia alle due per una scempiaggine, difficoltà nel riaddormentarmi, topino che girovaga nella tenda, lasciandomi un po’ perplesso, del tipo: me lo ritroverò in branda?, rumorini sparsi nella notte che ti costringono ad aprire almeno un occhio, per non farti cogliere di sorpresa: ma son tutte fantasie nella calda e soffocante notturnità…….
Al mattino, sveglia e di corsa nel negozietto a spedire la E-Mail di ieri: altra delusione mega: non trovo il tecnico giusto, e, quindi, niente spedizione: lo trovo al ritorno in ospedale e ci mettiamo d’accordo per le 11. Mi vedo una ventina di bambini più o meno urlanti e quindi alle 11 con l’oggetto del desiderio (il tecnico) ed un truck-truck di corsa a spedire: ci riesco, viva l’Italia, viva gli Alpini!!!!
Ritorno all’ospedale: oggi è domenica e quindi si lavora mezza giornata: e allora via col mangime e poi ritorno veloce a casa a farmi una dormita, perché proprio ci vuole!
Adesso sono le 18 ora locale, le 13 in Italia: tra due ore io ceno, tra mezz’ora, poco più poco meno, voi pranzate: mi fa un certo effetto, come mi fa un molto effetto avere l’organismo predisposto per le temperature invernali (è febbraio), ma costringerlo, facendolo vivere qui, a temperature più che estive: equatoriali!
Alcuni miei compagni, circa la metà, hanno organizzato per oggi un giro alla ricerca di Elefanti nel parco nazionale ad una ottantina di km da qui: non ho aderito alla proposta perché avevo ambulatorio alla mattina, in secundis sono qui per lavorare e quindi, per coerenza d’intenti, non si pasticciano le cose, a costo di essere di pensiero riduttivo, in terzis, per il turismo e per vedere le cose nuove e belle preferisco andarci con la mia signora: tièh, ciapa e porta a cà!!
Sono comunque stati via una giornata intera e son tornati felici e beati.
Niente: ormai si avvicina la cena: ho fame e poi di nuovo a nanna: è bellissimo! Ciao.
Lunedì 7 marzo 2005
Ho dormito bene, tra un fischio e l’altro per far tacere la sega circolare che come al solito ha tagliato tronchi di enormi baobab sparsi per tutta Sri Lanka e nell’India del sud.
Nel viaggio di andata per l’ospedale, ho finalmente visto in libertà, che attraversava la strada asfaltata (che contro senso!) un cobra nero che ha fatto fermare, giustamente, il nostro autista: cobra “no dangerous” diceva lui, se non gli pesti la coda: solo così diventa cattivo e guai! “Sembra proprio un umano” mi sono detto tra me e me.
In ospedale i grandi lavori: mi sono visto 46 bambini per la maggior parte scabbiosi, qualche raro e finalmente decentemente pulito: con qualcuno ho fatto un po’ di lotta greco romana: comunque alla fine ho finito e me ne sono tornato alla base.
Mi convinco sempre di più che l’emergenza si sta esaurendo: la ricostruzione è già iniziata da tempo ed ora sta procedendo, anche se, poi, in fondo, è una ricostruzione per modo di dire, visto che ciò che è stato distrutto non consiste in megapalazzi o in chissà quali edifici, ponti o altro, ma in numerose catapecchie piccole e basse, o, magari, casettine, ma piccole, piccole con piano terra, dai 60 ai 100 mq posizionate su piccoli fazzoletti di terra, circondati tutti da muro di cinta più o meno alto, che negasse ad occhi indiscreti di “smiciare” nella lillipuziana proprietà: sia a Trincomalee che a Kynnya, che lungo le “strade statali,” il concetto urbanistico non esiste nel modo più assoluto, come non esiste il concetto di un decente manto stradale, che conceda un minimo di requie alla mia ex ernia del disco, maltrattata da pulmini che si imbattono in buconi e pozzangheroni stradali, tipo montagne russe che saltano e fanno saltare sul sedile anche i passeggeri.
Di fatto, siamo nella parte più povera dell’isola: povertà che ci fa retrocedere, in tutti i sensi, di parecchi secoli: e non basta la presenza di qualche pullmann scalcinato, di qualche computer o di qualche telefonino o di qualche poche automobili, per farci ricredere su questa impressione, che ti accompagna sempre, in qualunque luogo uno vada, qualunque cosa faccia in sinergia con un locale: ma quello che stupisce di più è il contrasto tra questa situazione e la “svegliezza” degli uomini e delle donne, delle giovani e dei giovani, dei bambini stessi: ma come faranno, allora, ad accettare tanta arretratezza? L’impressione che danno di avere in gran parte una notevole abilità nel lavoro e una notevole creatività nel risolvere i problemi con mezzi poverissimi, contrasta moltissimo con quanto poi si vede in termini di tenore o qualità di vita che li contraddistingue, che, almeno per noi, è di un livello che definire basso è poco: i nostri poveri di cinquant’anni fa a loro confronto erano ricchi.
La risposta io ce l’avrei, ma non la scrivo. Ciao!
Martedì 8 marzo 2005
Oggi è una festa religiosa Indù, per cui si lavora mezza giornata: ho anche finito prima del solito, alle 11,30 e quindi , accompagnato dal mio traduttore, sono andato nell’orfanotrofio, di cui sopra.
Il direttore è assente fino a venerdì prossimo 11/3, che precede il giorno della nostra partenza per l’Italia: comunque sono riuscito a parlargli per telefono e, dopo le varie presentazioni ed aver capito le mie intenzioni, mi ha chiesto di poterci incontrare nell’ospedale da campo per parlare in modo più approfondito della faccenda. Io parto venerdì pomeriggio e quindi riuscirò nel mio intento.
Parlando invece con il vice direttore, vengo a sapere che è pronto un progetto di ampliamento dell’orfanotrofio, con innalzamento di un piano, finalizzato non solo a far vivere in modo più adeguato gli attuali ospiti, ma ad aumentarne anche il numero: ho proposto un eventuale concorso nelle spese, attraverso il coinvolgimento della Alleanza Riformata Mondiale un ufficio della quale è di stanza a Colombo, capitale dell’isola, di cui Salvatore mi ha dato il numero di telefono con il nome del Presidente: Mister Jansz Charles 01/585861.
Istituzione che dovrebbe aver la funzione non solo di ponte tra l’Italia e Kinnya, ma anche di controllo sotto il profilo economico e dello svolgimento dei lavori, che dovrebbero iniziare col dicembre 2005 solo se sarà reperita la vil moneta.
Tanto per fissare alcuni dati: Direttore: Mister Hassan Moulavi 0094/0777/840381 – Telefono Orfanotrofio: 0094/026/2236300.
Un dubbio grosso che mi rimane è relativo ai rapporti che vi possono essere tra Mussulmani e Protestanti, ma soprattutto le possibilità di volontà “politica” di collaborazione tra le due realtà: vedremo, se saran rose fioriranno!
Nel pomeriggio ho fatto alcune foto ad alcuni ospiti, quelli che non dormivano, ed altre allo stabile: ho anche fotografato il disegno del progetto, non so con quale fortuna, vedremo.
Onestamente, mi sento molto soddisfatto dell’uscita di oggi, anche se non mi illudo più di tanto: comunque, e di nuovo, vedremo!
Tra poco vado a cena: ho fame!
Mercoledì 9 marzo 2005
Da ieri sera grandi discussioni sul ritorno a casa: primo tratto, Trincomalee – Colombo, in teoria da farsi con i Canadairs che stupidamente la Prot. Civ. ha fatto venire da Roma, non si sa perché, ma che abbiamo usato nel venire e che invece nel tornare non si possono più usare perché dobbiamo risparmiare: di fatto, se si andasse con gli aerei in un’ora si farebbe un viaggio che col pullmann comporta dalle sette alle otto ore: abbiamo fatto questa scelta e quindi partiremo venerdì mattina alle 7,30 per essere a Colombo alle 15,30 – 16: albergo, cena, nanna e quindi alle quattro del mattino sveglia per aeroporto per imbarco e partenza alle 7,30.
Questa scelta però non mi permette di attuare l’incontro con il Direttore dell’orfanotrofio, al quale allora ho scritto la seguente lettera:
“Caro Mister Hassan,
eravamo d’accordo di incontrarci presso l’osp. Da campo venerdì 11/03/05 alle ore 10. Tuttavia, per esigenze di servizio, dobbiamo partire per Colombo alle ore 7 a.m.di venerdì, poiché sabato 12/03, alle ore 7,30, dobbiamo partire da Colombo per l’Italia.
Io sono un medico pediatra italiano ed ho lavorato per 3 settimane nell’0spedale da campo qui a Kynnya.
Ho avuto modo di apprezzare il suo orfanotrofio, di cui ho conosciuto l’esistenza in occasione di una visita medica effettuata al ragazzo…………., che mi ha raccontato di essere orfano e di vivere appunto in orfanotrofio: ho avuto modo di apprezzarne l’educazione, il suo modo di fare ed il suo apprezzare l’Istituto, del quale, per altro, anche altre persone me ne hanno parlato bene.
Da questo insieme di cose mi è nata l’idea di incontrarmi con Voi per chiedervi se sareste stati d’accordo per un nostro eventuale coinvolgimento nel dare un aiuto a questa Sua Istituzione, di cui ho visto che avete in programma l’ampliamento attuando anche la costruzione di un piano superiore: potrei interessare, sempre se Lei fosse d’accordo, una Istituzione Mondiale con ufficio anche a Colombo, per reperire fondi finalizzati alla costruzione.
Un secondo modo per reperire fondi, potrebbe essere quello di mettere in atto una forma di “Adozione a Distanza”, in funzione della quale verrebbe pagata dall’adottante un retta mensile, che potrebbe migliorare situazione economica ed aiutare i lavori di costruzione: faccio notare che l’adozione a distanza comporta il fatto che il ragazzo adottato rimane a vivere in orfanotrofio e non verrebbe mai a conoscere l’adottante.
Se Lei fosse d’accordo su queste proposte, avrei bisogno di un Suo scritto, che raccontasse la storia dell’orfanotrofio, la data di inizio dei lavori, i costi ed infineil Suo pensiero sull’adozione a distanza.
Molto spiacente di non aver potuto incontrarLa e tuttavia rimanendo in attesa di un suo scritto,
Le invio i miei più cordiali saluti.
Zavaritt.”
Traduzione:
“Dear Mister Hassan,
we agreed to meet in our Field Hospital on Friday 11 at 10 o’clock.
But, because of the duty, we have to leave at 7,30 in the morning the same Friday for Colombo, as Saturday the 12 we have to take off for Italy at 7,30 a.m., so it is impossibile for me see you.
I’m a pediatric Italian Doctor and I have been working for 3 weeks in the Field Hospital at Kynnya.
I really appreciated your orphanage, that I knew because I treated one of your boys, that told me to be an orphan and to live in your orphanage: I could appreciate the behaviour of the boy.
So, it was born in me the idea to meet you and ask if you would eventually agree for an our involvement to give a help to your Institution.
I knew that you keep in your program to grow your building with a construction of an upper floor: if you allow me, I could involve an Internetional Institution, that is in Colombo too, to find funds.
Another way to let us involve, could be the “Adoption in distance” of a boy of yours, thank to this, the boy always stays in your orphanage, he doesn’t know the person that adopted him, but your orphanage can receive monthly the sum needed to pay his staying, giving us the chance to help the economic conditions of your Institution.
If your agree and you want to keep in touch, let me have a letter in which you tell me something about the story of your orphanage, when the beginning of the works will start, the costs approximately and what do you think about the “Adoption in distance” of every boy of yours.
I am very sorry not meeting you.
Waiting for your kindly replay,
I remain yours faithfully.
Kynnya, March 3rd 20
Dott. Carlo Zavaritt – via Paglia 22 – 24121 BERGAMO – Italy
Telephon: 0039035/239909 – Fax 0039035/239493
E- Mail c.zavaritt@tin.it “
Giovedì 10 marzo 2005
Oggi ho consegnato la lettera all’orfanotrofio.Oggi è anche stato l’ultimo giorno di lavoro ed i miei amici Srilankesi ne hanno un po’ approfittato, venendo in massa a farsi visitare per un totale di quasi 60 bambini: nei 18 giorni di lavoro ne ho visti 520: giuro!!!!
Comunque, dopo molte incertezze e peripezie, finalmente alle sei del pomeriggio è arrivato il nostro cambio: cioè il gruppo di medici, infermieri, logisti che per i prossimi 20 giorni sono a Kynnya a lavorare.
Quindi, domani partenza e finalmente veniamo anche a sapere che faremo uso dei Canadaires per trasferirci a Colombo.La partenza è comunque per il mattino prima delle 10 ce quindi io non posso avere l’incontro con Hassan: vediamo che cosaproduce la lettera che gli ho portato stamattina.
Venerdì 11/03/05. Ore 8,30 trionfale partenza dall’albergo di Trincomalee con pullmann, destinazione ChinaBay, aeroporto militare del Distretto, dove, con grande e piacevole sorpresa nostra, dopo 15 minuti di attesa, compaiono i due aerei, che al volo ci imbarcano ed al volo ci portano a Colombo, in ca. un’ora: qui ci attende un pullmann un po’ molto indolenzito ed in tre ore percorriamo una distanza di ca. 40 km. In un traffico da tregenda, anche se non riesce a battere quello dell’A4, Bergamo – Milano.
Ed ora siamo qui, in attesa delle quattro di domani mattina, quando ci alzeremo ed andremo a fare i check-in per imbarcarci e partire per Kuwaitt/ poi Roma/ poi Milano/ poi, ultimo pulmino, Bergamo, con la bellissima prospettiva di guadagnare 5 ore della nostra vita, percorrendo a ritroso e quindi superando a ritroso i due fusi orari (5 ore), che ci avevano portato via 5 ore venendo in Sri Lanka.
Sabato 12 marzo 2005
Oggi sveglia alle 4 (ore 23 in Italia), pullmann per trasporto all’aeroporto: tutto fatto per quanto concerne le pratiche di volo, attesa due ore e quindi “go home!” su mega aereo: 5 ore di volo: Kuwaitt, recupero due ore di fuso orario: a spasso in aeroporto per le ultime spesucce per bruciare l’attesa di ca. un’ora, e quindi “arri-go home”: quattro ore e mezza di volo: arrivo a Roma recuperando altre due ore di vita e quindi più giovani di cinque ore in tutto: infatti ci sentivamo tutti ringiovaniti, ma, credo, soprattutto perché avevamo finalmente baciato il suolo patrio: tre ore di attesa e quindi un vero “arri-arri-go home” con atterraggio sublime in quel di Linate, dove ci attendevano i mezzi del Gruppo Medico-Chirurgico ( che siamo noi) per portarci sul vero suolo patrio, in quel di Bergamo, anzi, meglio in quel di Orio al Serio, dove abbiamo la base operativa e logistica.
Grandi baci ed abbracci non solo per coloro che, lasciati da tre settimane, ritrovavamo felicemente rimasti in attesa fedele del nostro ritorno, ma anche per coloro dai quali, dopo tre settimane di lavoro insieme, ci separavamo.
E così finisce il nostro impegno e dovere civile nei confronti di chi, più sfortunato di noi, era d’obbligo, visti i ruoli di ciascuno di noi, andare a sostenere, capire, curare, ma soprattutto conoscere, per quanto possibile, per mettere un mattone in più alla globalizzazione dei rapporti umani, seminando un seme di solidarietà a 8.000 km. Di distanza.
Considerazioni:
- È stata certamente un’ ottima esperienza: soprattutto abbiamo toccato con mano quanto bene sia stata scelta la zona di intervento: infatti l’Ospedale da Campo ha sostituito alla grande ed in tutto e per tutto l’Ospedale distrutto, che, ripeto, a vederlo ti mozza il fiato per tutte le idee, le fantasie che ti metti ad elaborare quando, mentre vedi, ti poni nei malati, infermieri, il medico, che sentono il boato, prima, vedono la massa d’acqua, poi, e ne provano infine la violenza distruttrice: e, dentro a tutto ciò, il panico più bestiale di qualche infinitesima frazione di secondo, ma che è più che sufficiente per essere vissuto come se durato ore.
- Molta perplessità, anzi moltissima, sulle capacità organizzative della Protezione Civile, a livello centrale per tantissime ragioni, ma delle quali me ne basta una: per i suoi responsabili nazionali o i bambini nello Sri Lanka non esistono, oppure non sanno che esiste una specialità medica che si chiama Pediatria finalizzata appunto a curare gli stessi: infatti, la mia lotta non è stata contro le malattie, ma contro la mancanza o povertà di farmaci pediatrici, anche i più banali, che ci ha costretto a centellinare quei pochi che per caso c’erano o a far conteggi milligrammometrici per trovare le dosi giuste da somministrare ai pupi, utilizzando farmaci per adulti.
- Ma quello che più colpisce è l’assenza o la sensazione da parte nostra, messi in trincea, di un’assenza di progettazione o programmazione per finalizzare al meglio gli interventi, dai più semplici ai più complessi: questo, non tanto per noi del Gruppo Medico-Chirugico dell’Ospedale da campo, che comunque avevamo i nostri ruoli e compiti ben precisi, frutto di una elaborazione e quindi preparazione maturata non solo con gli interventi effettuati negli anni, ma anche e sopratutto per come l’ospedale stesso è stato progettato, pensato, discusso da coloro che l’ hanno inventato e costruito.
Progettazione, dicevo, assente per tutti i lavori da farsi all’esterno dell’Ospedale, di competenza dei VVFF, per esempio, che giravano e giravano, ma, a detta loro, a vuoto, tanto che, alla sera, si ritrovavano con un pugno di mosche in mano: infatti, anche se la presenza dei VVFF è stata molto importante al momento della grossa emergenza, oggi, invece, danno una grossa impressione di sterile presenza, voluta per immagine e basta, ma a che prezzi, in tutti i sensi. - Per non parlare di quanto denaro viene impiegato, buttato, sprecato attraverso mille fiumi e rivoli, che non portano alla soluzione dei problemi veri dei disastrati: anche qui, nessuna progettazione di colloquio con le autorità del posto, onde evitare incidenti di tipo “diplomatico” con i locali, del tipo gelosie, invidie, perché pinco ha ricevuto, mentre lui palla, non ha visto nulla: in termini molto semplici, si è verificato un arrivo del tipo ”Lassa stà che ghe pensi mi e lassem laurà” quando, invece, anche se più faticoso, il concetto avrebbe dovuto essere quello del coinvolgimento della popolazione, attraverso le proprie autorità amministrative e politiche, nell’assumere scelte e decisioni, soprattutto se relative alle problematiche di tipo urbanistico, architettonico e del costruire i campi di raccolta provvisori.
- La popolazione: ne abbiamo già parlato, ma oggi mi pare di conoscerla un po’ meglio, anche se, ovviamente, non abbastanza: ma non voglio tranciar giudizi: solo descrivere. E allora dirò che dietro a quell’atteggiamento molto gentile, coinvolgente, sorridente e soprattutto riconoscente nelle mamme dei bambini che vedo, si può leggere anche, e molto spesso, la presenza di una scorza forte, anche violenta, che sa quello che vuole, soprattutto in politica, anche se poi non riesce a tradurla nella realtà perché impera l’individualismo, che rende incapaci, e non solo i Tamil, di progettare insieme e far squadra per obiettivi comuni, se non quelle volte in cui le “ Tigri” Tamil ( siamo stati in un Distretto in cui la maggioranza è dei Tamil) hanno combattuto ed ottenuto, ma mai nella storia, fino in fondo, quello per cui lottavano e lottano tutt’ora ( un maggior riconoscimento di diritti e di territorio per i Tamil).
- La sintesi finale, soprattutto per quanto riguarda il nostro rapporto di Gruppo Medico-Chirurgico con la Protezione civile nazionale, è di un sovradimensionamento delle nostre attività, capacità e potenzialità rispetto alle richieste non progettate della Protezione stessa, al punto di sentirci come nella assurda necessità di doverci sottodimensionare (ciò che non avverrà mai), sotto il profilo operativo, per trovarci sullo stesso piano sintonico con la Protezione.
Fine